I passi dell'uomo si susseguivano ed il loro rumore sul fango ormai seccato dal sole, inframezzato da quello di un bastone, era quasi ipnotico, scandiva il tempo... Ma quale tempo? Di quale luogo? A questa domanda Silius non aveva una risposta. Troppo era successo in questi giorni a Lunaria.
Già, Lunaria... una "gemma", come gli avevano detto quelli che come lui erano capitati lì, una delle tante sparse nel... nel... Multiverso, ecco la parola. Troppe novità da digerire in cinque giorni, troppi scossoni al suo credo, troppe cose da capire in così poco tempo.
Nella sua mente si affollavano mille domande nate in quei giorni sui campi di battaglia e tra le tende.
Domande che non avevano, al momento, una sola risposta che non creasse un'altra domanda ancora più insidiosa e profonda.
E pensare che era bastata quella salita sul colle fuori Bordona a cambiare forse per sempre la sua vita: alla fine dell'erta aveva trovato quel tempio semidistrutto insieme ad uno stuolo di... "ombre". Era l'unica parola che descriveva bene quello che aveva visto, l'unica similitudine possibile, se si esclude il fatto che le ombre non uccidono.
L'unica via d'uscita era quel portale oscuro e violaceo, pulsante di vita e di voci, che prometteva una via di fuga. Ma forse, per una volta, la salvezza era più inquietante del pericolo stesso.
Da lì il viaggio, l'arrivo, l'atterraggio tutt'altro che morbido su un terreno sconosciuto, i fuochi lontani nella notte e quello stendardo piazzato sopra un muro di recinzione di un castello affianco ad un'insegna enorme raffigurante un toro.
Aelemil era lì.
Come e per quale motivo non lo sapeva ancora, ma chiedere alle guardie del cancello non gli sarebbe costato nulla.
E da lì era iniziato tutto.
Ora, nella strada verso la probabile via d'uscita da quel mondo, le sue domande non trovavano risposta, ma anzi porgevano il fianco ad altre domande ben più pesanti e preoccupanti: e se l'epidemia di Naphor non fosse altro che una malattia propagata dal Nexus? Avrebbe mai trovato una cura, ovemai ne fosse esistita una? Chi o cosa aveva visto nella Frattura? Da cosa derivavano i suoi poteri in quel mondo, oltre alla sua fede nella Misericordiosa Sinaja? Cosa significava il fatto di essere un'essenza, una proiezione di se stessi?
Il timore che lo avvolgeva non era il sentimento giusto per un clerico come lui, e quelle non erano domande da Taumaturgo. Erano domande da Teosofista, lo sapeva benissimo, come diceva sempre il suo Maestro Visu. Ma rimbombavano nella sua testa senza sosta, rimbalzando fino a fargli scoppiare la testa.
Si fermò un attimo, stanco della camminata e dell'incessante opera di distrazione del suo cervello, si guardò attorno e vide alle spalle le mura del campo di quelli che si facevano chiamare Soldraconis, i "vincitori" di quella disfida che aveva impegnato tutti per molto tempo, ed un brivido gli percorse la schiena. Aveva visto in quel mondo tutte le aberrazioni che nel suo mondo era normalmente portato a combattere, ma su quel piano esse erano tollerate se non in alcuni casi addirittura accettate apertamente. La cosa, oltre a lasciarlo perplesso, lo faceva tremare di sdegno e di rabbia. Ma la collera durò pochissimo e lasciò lo spazio ad una muta rassegnazione. Non era il padrone di casa e non poteva dettare le regole. Come ospite il suo compito era accettare e ringraziare.
Improvvisamente si trovò a ripensare alle parole del Guardiano Moebius... "Andate dai vostri cari e chiedete loro scusa perchè avete fallito... Questo è l'Anno del Drago. Noi siamo il Male Necessario". Queste parole non gli piacevano, nemmeno un po'. Non ne capiva il senso ma lo inquietavano ogni modo, come se dentro di essere fosse contenuto un messaggio nascosto di cui non aveva la chiave. Scrollò la testa ed alzò le spalle, come ad allontanare quel pensiero, proseguendo la sua marcia.
Finalmente, alla fine di una salita, lo vide. Lo stesso portale che sembrava averlo portato lì lo attendeva, questa volta muto e senza luce, quasi un buco nero che sembrava inghiottire l'oscurità circostante.
Non gli piaceva, non gli piaceva per niente.
Ma era forse l'unico modo per tornare indietro.
Doveva andare.
Doveva parlare con altre persone, capire cosa era successo, chi erano gli altri cittadini di Aelemil che aveva incontrato, cosa ne aveva scaturito la loro presenza.
Per un attimo ripensò ai compagni di quei giorni... ed il volto si increspò in un sorriso, l'unico di quella giornata così amara. Chissà se li avrebbe mai più rivisti. Ora non era più tempo di farsi domande. Era il tempo di tornare indietro verso casa.
Un'ultima domanda colpì Silius mentre saltava nel portale tenendo ben stretto in mano il suo filatterio: perchè lui?
Una eco lontana di una risata suonò come una risposta.
mercoledì 7 maggio 2014
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