Volete vedere grande calcio? Venite a Napoli. Treni, aerei, bastimenti, buongustai solitari, comitive. Sole, pizza e gol. E grandi firme per l'ennesima magica notte in stile maradoniano: Marek Hamsik a pareggiare il bel colpo di Amauri, Pocho Lavezzi a scatenare la festa di Fuorigrotta. La Juve dominata, fin compatita, poi strapazzata, piomba nella crisi più nera, Ranieri è in croce, le armate bianconere guadagnano in silenzio la via di casa. Il Napoli conquista la laurea – centodieci e lode, baci e babà – confermandosi la vera rivelazione del campionato, trascorrendo dalla prudente maturità all’esplosiva potenza nutrita di grande spirito collettivo e dalla classe di due campioni che tutta l'Europa chiede per esporli (vedi Manchester, Chelsea, Inter, tanto per dire) sulla grande scena della Coppa dei Campioni. Ma qui sono, e qui resteranno per la gioia di De Laurentiis e del popolo azzurro che oggi vivono la Grande Resurrezione dopo quasi un ventennio d'attesa dolorosa. All'immagine dell'aristocratico Ranieri ferito dalla sconfitta s'oppone quella dell'Operaio Specializzato Edy Reja una volta di più colpito da magìa nei delicatissimi momenti delle scelte: la mossa di Mannini nella ripresa e quella – magari tardiva – di Denis hanno cambiato la faccia di una squadra che tuttavia aveva già dominato la Juve: perché Vitale non aveva demeritato e Zalayeta aveva fatto onestamente la sua parte. Ma c'è voluto qualcosa di più, dopo i cambi: c'è voluto più cuore, più testa, più cattiveria, e via quell’aura di pietosa condiscendenza che sembrava un atto di comprensione per le disgrazie della Signora; la voglia di concludere alla pari era una tentazione forte, ma il fulmine di Marekiaro ha chiamato tempesta. Vien voglia di rivedersi il film di quel gol suggerito da Lavezzi che per un quarto d'ora era parso affaticato, addormentato, e invece studiava da volpe, regalava sorrisi accattivanti agli avversari (rivedersi quell'abbraccio fraterno a Amauri) pareva rassicurarli; l’urlo di Hamsik lo ha come drogato ed è partito dal suo piede – dal suo cuore – l'ultimo decisivo affondo, il tiro-gol vittorioso che da ieri notte sarà visto e rivisto e rivisto mille volte stropicciandosi gli occhi e per dire al mondo intero che questo è un grande Napoli. Sì, non c'è mai stato dubbio sulla prevalenza dell'azzurro, un pari sarebbe stato un furto juventino: la vittoria ha premiato la prontezza di Iezzo, il sacrificio di Cannavaro, il lavoro inesauribile di Contini la grandezza di Santacroce (mi piace troppo, il ragazzo: mostra classe innata e esperienxa da veterano); eppoi l'inesauribile vena offensiva di Maggio, ala da tempi antichi, la compattezza di Gargano e De Blasi, interditori e suggeritori insieme, la concretezza di Aronica, altro colpo di mercato perfetto. E quei due mostri, giovinezza di una squadra pensata per vincere e divertire. Dicevo, tanto tempo fa, che Reja faceva i miracoli con quel che aveva, gente spesso modesta ma con temperamento giusto per le storiche conquiste della B eppoi della A: e il gioco sparagnino era semplicemente quel che poteva e doveva esibire. Adesso che ha una squadra di ragazzi che ha potuto plasmare, assemblare, istruire, vi diverte anche, amici napoletani. E ballate, ballate insieme a Aurelio De Laurentiis. Il calcio felice è qui: riaprite quelle curve, e lì sarà festa continua.
Italo Cucci
mercoledì 22 ottobre 2008
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