"Volevi che ti raccontassi una storia, e te la racconterò.
Mi perdonerai se ti sembro scortese e/o breve, ma il tempo ha cancellato qualche ricordo e la memoria ne ha confuso qualcun altro.
Allora… ero giovane ai tempi, e il mio quartiere è sempre stato un posto difficile dove crescere, soprattutto se sei il nuovo ragazzino da prendere in giro.
Gli anni proseguivano abbastanza monotoni e tristi, scanditi da un atto di bullismo (così lo si chiamerebbe oggi) o da un pallone che rotola in un campo ma a cui dare calci non ci sei tu, finchè non conobbi Lui.
Alessandro.
Era un amico di mia sorella, a dire il vero, ma mia madre era preoccupata per me e decise di "affidare" a mia sorella me per un poco di tempo, in modo da farmi respirare un'atmosfera diversa, più adulta e protetta, dove per tutti ero solo "il fratello di Rosa" e non "eccoloarrivareoralosfottiamo".
Entrai in quella comitiva di adulti ovviamente male, io con le mie idee da bimbo a confrontarmi con persone di alcuni anni più grandi di me che si affacciavano alla vita (quella seria, fatta di lavoro, casa, come sbarcare il lunario, ragazze, auto proprie…) e feci dei danni una sera con una discussione.
Mia sorella era esausta e decise di dire a mia madre che non poteva farmi uscire con loro in quanto ero troppo piccolo ma Alessandro decise che non era così.
E così mi prese lui sotto la sua ala.
E mi fece giocare a tennis, mi fece ascoltare la prima musica "anormale", mi fece leggere i primi libri, mi fece fumare la prima sigaretta…
Mi fece crescere.
Ed intanto crescevo anche io in quella vasca di squali, mutando da tonno a pesce pagliaccio per difendermi.
Ma il destino aveva in serbo un'amara sorpresa per me.
Nel cambiamento persi un po' di vista Alessandro, non ci vedevamo spesso ma farlo era sempre un piacere, ma notavo che qualcosa in lui cambiava.
Le sue compagnie non erano splendide ma col tempo peggiorarono, spinte anche dall'ambiente esterno, mentre io mi salvavo con altri amici che erano "figli di famiglie perbene", quegli amici che poi si sono dimostrati indegni appena ho traslocato a Bologna.
Purtroppo la droga cominciò ad entrare nel nostro mondo e soprattutto dentro quello di Alessandro, che ostinatamente cercava qualcosa di diverso da questa vita e che forse si era dato una risposta sbagliata, lui così bravo a indicare a me la retta via quando ero un bambino.
Sapevo dei suoi problemi ma non seppi fare nulla, non sapevo davvero come aiutarlo.
L'ultima sera che lo vidi era verde in volto, il suo colorito era allucinante, lo sguardo fisso nel vuoto che dondolava su di una altalena con gli "amici" che lo portavano via di lì cercando di nasconderlo allo sguardo di chi lo conosceva da tempo e non l'aveva mai visto così.
Il giorno dopo ero fuori dal balcone a guardare il panorama, e improvvisamente sento un rumore. Alessandro gli ultimi tempi era solito sedersi su di una scala fuori al balcone e guardare il nulla davanti a sé per ore addirittura.
Quel giorno la scala cedette e lui cadde nel vuoto dal nono piano.
E mi passò davanti.
Non ho visto la sua faccia, non ho visto i suoi vestiti, ma una cosa non potrò mai cancellare dalla mia mente: il suono.
Il suono della discesa veloce del corpo, il suono del corpo che si infrangeva sul marciapiede, il suono delle urla della madre, il suono dell'ambulanza, il suono del pianto dei bambini che non avevano mai visto un cadavere.
Come dirti cosa vidi, come spiegarti che le ossa rotte avevano sfondato i jeans e quasi sembrava volessero uscire dal suo corpo per liberarsi anche loro da quella che ormai era una prigione di carne?
In casa la notizia ci sconvolse.
Mio padre, una persona sempre molto chiusa quando si tratta di dolore, ricordava che da qualche giorno era anche morto nostro Zio Francesco e disse una frase rimasta nella mia mente: "Non vi preoccupate, era un bravo ragazzo. Zio Ciccio ci penserà dall'alto a dargli una mano quando sarà lassù."
MA qualcosa rimane come monito: la macchia di sangue che non si cancella da anni.
I bambini per i primi giorni continuavano a deporre i fiori di campo su quella traccia di Alessandro finchè la madre chiese per carità di non farlo più.
E' questa la mia nera commemorazione.
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