sabato 8 agosto 2009
Estratto da "Terra di lavoro" di Pasolini
"E dai campi, ormai violetti, viene una luce che scopre anime, non corpi, all'occhio che più crudo della luce, ne scopre la fame, la servitù, la solitudine. Anime che riempiono il mondo, come immagini fedeli e nude della sua storia, benché affondino in una storia che non è più nostra. Con una vita di altri secoli, sono vivi in questo: e nel mondo si mostrano a chi del mondo ha conoscenza, gregge di chi nient'altro che la miseria conosca. Sono sempre stati per loro unica legge odio servile e servile allegria: eppure nei loro occhi si poteva leggere ormai un segno di diversa fame - scura come quella del pane, e, come quella, necessaria. Una pura ombra che già prendeva nome di speranza: e quasi riacquistato all'uomo, vedeva il meridione, timida, sulle sue greggi rassegnate di viventi, la luce del riscatto. Ma ora per queste anime segnate dal crepuscolo, per questo bivacco di intimiditi passeggeri, d'improvviso ogni interna luce, ogni atto di coscienza, sembra cosa di ieri. Nemico è oggi a questa donna che culla la sua creatura, a questi neri contadini che non ne sanno nulla, chi muore perché sia salva in altre madri, in altre creature, la loro libertà. Chi muore perché arda in altri servi, in altri contadini, la loro sete anche se bastarda di giustizia, gli è nemico. Gli è nemico chi straccia la bandiera ormai rossa di assassini, e gli è nemico chi, fedele, dai bianchi assassini la difende. Gli è nemico il padrone che spera la loro resa, e il compagno che pretende che lottino in una fede che ormai è negazione della fede. Gli è nemico chi rende grazie a Dio per la reazione del vecchio popolo, e gli è nemico chi perdona il sangue in nome del nuovo popolo. Restituito è cosi, in un giorno di sangue, il mondo a un tempo che pareva finito: la luce che piove su queste anime è quella, ancora, del vecchio meridione, l'anima di questa terra è il vecchio fango. Se misuri nel mondo, in cuore, la delusione senti ormai che essa non conduce a nuova aridità, ma a vecchia passione. E ti perdi allora in questa luce che rade, con la pioggia, d'improvviso zolle di salvia rossa, case sudice. Ti perdi nel vecchio paradiso che qui fuori sui crinali di lava dà un celeste, benché umano, viso all'orizzonte dove nella bava grigia si perde Napoli, ai meridiani temporali, che il sereno invadono, uno sui monti del Lazio, già lontani, l'altro su questa terra abbandonata agli sporchi orti, ai pantani, ai villaggi grandi come città. Si confondono la pioggia e il sole in una gioia ch'è forse conservata - come una scheggia dell'altra storia, non più nostra - in fondo al cuore di questi poveri viaggiatori: vivi, soltanto vivi, nel calore che fa più grande della storia la vita. Tu ti perdi nel paradiso interiore, e anche la tua pietà gli è nemica”.
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